Se il turismo diventa una sfida


L’INTERVENTO L’OFFERTA NON PUÒ ESSERE LIMITATA SOLO AL MARE Se il turismo è una sfida

L'estate 2022, la prima senza alcuna limitazione legata alla pandemia, ha restituito alla Puglia il suo posto nell’olimpo delle mete turistiche preferite dai vacanzieri. Basta dare un’occhiata alle pagine dei giornali, alle statistiche diffuse dalle associazioni di categoria e alle immagini pubblicate da tanti vip per comprendere la portata del rilancio di cui il settore dell’ospitalità pugliese è protagonista.

E di questo non ci si può che rallegrare sia per le imprese, messe a dura prova dai vari lockdown e ora dai rincari di tariffe e generi di prima necessità, sia per i lavoratori.

A cominciare dagli stagionali, per i quali l’incremento dei flussi è manna dal cielo. Eppure all’offerta turistica locale, che per molti coincide solo ed esclusivamente con mare e villaggi, sembra che manchi ancora qualcosa per essere al passo con i competitor nazionali e internazionali. Frequento la Puglia, in  particolare il Salento, ormai  dal 2007. Ho eletto questa terra a buen retiro estivo mio e della mia famiglia e, nel  corso del tempo, ho sperimentato  in prima persona l’evoluzione del turismo locale. A distanza di 15 anni  dalla mia prima vacanza in Puglia, non posso fare a meno  di notare come i prezzi siano più che raddoppiati. Qualcuno dirà: per forza, è colpa dell’inflazione che sta  divorando ogni comparto economico. Non c’è dubbio, ma devo anche notare come l’aumento dei prezzi non coincida con un miglioramento  della qualità dei servizi resi agli ospiti. Anche nel gettonatissimo Salento, infatti, capita di trovare posto in strutture che, pur essendo qualificate a quattro o più stelle, presentano condizionatori guasti, infissi fatiscenti, stanze non perfettamente  pulite. Per non parlare del personale, spesso improvvisato e incapace di dialogare con gli ospiti stranieri.  A tutto ciò si aggiunge spesso  la scarsa efficienza dei  servizi pubblici, a cominciare dalle strade sterrate, buie,  pericolose e comunque insufficienti.  È come se l’offerta turistica  locale fosse ridotta solo ed esclusivamente al mare, la  cui pulizia è certificata dalle  accurate analisi condotte  dall’Arpa prima ancora che dalle Bandiere blu assegnate dalla Fee e dai risultati dei  test effettuati da Legambiente.  Ma il mare non è un brand che si autoalimenta, nel senso che le bellezze naturali  non possono essere disgiunte  dall’accurata formazione del personale e dall’alta qualità dei servizi. Altrimenti, alla  lunga, si rischia di soccombere  davanti alla concorrenza spietata di competitor più “strutturati”, sebbene meno  “ricchi” di bellezze naturali.  Penso alla Romagna: da  quelle parti il mare non è certo suggestivo come quello  pugliese, ma l’impegno delle  amministrazioni locali e degli  imprenditori ha fatto aumentare a dismisura l’appeal turistico di quella terra.  Che fare, dunque? Innanzitutto  mettere le imprese in  condizione di rafforzare asset strategici come strutture  e personale: sgravi per chi  ristruttura gli immobili destinati  ad accogliere i vacanzieri,  ma anche incentivi per chi assume e per chi intende  investire sulla formazione di  dipendenti e collaboratori. In  questo senso è  indispensabile, più del salario minimo,  il taglio del cuneo fiscale,  possibilmente associato a  un grande programma di rafforzamento delle competenze del personale. Anche  il pubblico, ovviamente,  deve fare la propria parte.  Il che vuol dire strade  più sicure, collegamenti più frequenti tra una località  e l’altra, più decoro nei  centri urbani. È una sfida  alla quale sono chiamati tutti, a cominciare dal prossimo governo. Per il bene  della Puglia, del Sud e dell’Italia.


Raffaele Tovino

*Direttore generale di Anap